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Gli antichi Egizi erano maestri nella preparazione e nell’utilizzazione dell’incenso ed elevarono entrambe le attività alla categoria di arte sublime. Il più famoso fra tutti i tipi di incenso egizi era il kifi. Lo storico greco-romano Plutarco scrisse verso l’anno 100 d.C. le seguenti parole:”Gli ingredienti del kifi ci donano il benessere. Il kifi può cullare l’uomo nel sonno, evocare sogni e scacciare le preoccupazioni quotidiane, poiché conferisce pace e serenità a chi lo respira”.

 

I numerosi riferimenti che contiene l’Antico Testamento riguardo all’incenso consentono di supporre che anche nell’ebraismo la combustione dell’incenso godesse di una vasta tradizione. Oggi gli scienziati ritengono che gli ebrei conoscessero i suffumigi rituali già verso il VII secolo a.C., probabilmente ispirati dai babilonesi. Inizialmente le miscele di incenso erano costituite da pochi ingredienti: essenza di mirra, galbano, olibano puro. La preparazione era riservata ai sacerdoti ed era un procedimento sublime e segreto, altrettanto quanto lo era stata la preparazione del kifi all’epoca dei faraoni egizi.

 

Nella religione statale romana una delle offerte incruente più importanti era il sacrificio di tus, vale a dire parti dell’albero dell’incenso o qualunque resina di incenso (olibano). E’ necessario supporre che originariamente il tus si componesse di vari legni romatici ed erbe, così come lo descrive Ovidio nella sua cronaca della festa delle Palilia, celebrata dai pastori. Nel suo racconto menziona rami di olivo e alloro, così come rami dell’albero sade, simile al ginepro che cresce nelle regioni calde. Successivamente, al posto delle sostanze aromatiche menzionate, o in aggiunta a queste, si utilizzarono anche alcune specie di gomma e resine: incenso, mirra, zafferano e altre.

 

Potremmo considerare l’induismo uno dei “bastioni” dell’uso dell’incenso. Gli induisti sono stati affascinati e ossessionati in tutte le epoche dagli aromi fragranti, e già nell’antichità classica erano famosi per i loro profumi. Uno dei primi prodotti che importarono fu l’incenso dell’Arabia ma, indipendentemente da questo fatto, da tempo immemorabile era conosciuta fra gli indù ogni categoria di sostanze aromatiche autoctone, come il benzoino e altre resine e vari tipi di caucciù, come pure sementi, radici, fiori secchi e specie di legno aromatico di intensa fragranza.

 

Così come avviene in molte religioni nella loro fase iniziale, i buddhisti non utilizzarono in principio nessun tipo di incenso, poiché non erano interessati a rituali esoterici. Ma col passare del tempo anch’essi soccombettero all’incanto dell’incenso. Per esempio, nello Sri Lanka si fanno offerte di fiori e profumi davanti a statuette del Buddha. Ciò nonostante, la maggiore predilezione per l’uso dell’incenso si registra tra i buddhisti del Tibet, dove esso viene bruciato nei riti di iniziazione dei monaci, e dove speciali misture di erbe tibetane costituiscono un componente fisso dei rituali quotidiani celebrati nei monasteri e nei templi dei villaggi.(tratto dal sito Swami anand Keval)

 

La storia dell’incenso ha inizio diverse migliaia d’ anni fa. S’ immagina che perfino l’uomo primitivo utilizzasse una rudimentale forma di incenso, ottenuto bruciando particolari legni, bacche e resine dalle proprietà aromatiche.

 

Presente praticamente in tutte le culture e tradizioni del mondo. Negli anni ha assunto forme differenti sia nelle materie prime utilizzate sia nel processo di lavorazione.

 

Cosa comune a tutte le tradizioni risulta essere l’utilizzo in campo religioso,spirituale, medico e in senso generale in tutti i riti occulti o di divinazione.

 

Anche se presente nel cristianesimo, solo negli ultimi 40 anni abbiamo assistito ad un vero e proprio sviluppo del commercio dell’incenso, in ogni sua forma, anche all’interno dei paesi occidentali. (tratto da Karma Shop)